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Industria 4.0. Un futuro che è già presente e riguarda tutti noi

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Industria 4.0. Cos’è?

Industria 4.0 è il termine nato nel 2011 ad Hannover all’interno della proposta per lo sviluppo industriale fatta al governo federale tedesco. Gli artefici di questo documento sono Siegfried Dais, della Bosch GmbH e Henning Kagermann, dell’Accademia tedesca delle Scienze e dell’Ingegneria.

All’interno della definizione Industria 4.0 c’è quindi tutta la visione programmatica dello sviluppo industriale tedesco e globalizzato, figlia della rivoluzione tecnologica digitale applicata alla produzione industriale, che secondo le indicazioni dei due mentori sarà totalmente automatizzata e interconnessa.

L’industria 4.0 nel dettaglio

Quattro sono i principali filoni evolutivi della produzione industriale 4.0 dove le nuove tencologie si stanno già imponendo e che riguardano in sintesi l’imperversare dei dati: tanti dati, provenienti da tante fonti, e utilizzabili in tanti modi. La prima direttrice di sviluppo è infatti l’utilizzo dei dati, nella parte della raccolta e della conservazione. Qui contano la potenza di calcolo e la connettività interna ed esterna dell’industria, per ricevere ed elaborare big data e dati interni (machine-to-machine), secondo nuove modalità di conservazione (cloud). Consequenziale all’acquisizione dati c’è la fase dell’analisi, dove la capacità delle macchine sarà quella di apprendere dai risultati elaborati costantemente. Così facendo la fase di analisi è resa subito operativa e si integra efficacemente ai fini della produttività (machine learning). Il terzo filone di sviluppo è quello delle interfacce di comunicazione tra l’uomo e la macchina (conosciamo già il touch, ma proviamo a pensare agli strumenti di interattività quali i Google Glass, o l’evoluzione dei sensori di movimento). Infine, tutto quello che riguarda l’effettiva realizzazione dei prodotti attraverso nuove forme produttive (stampa 3D, robotica), le nuove organizzazioni (comunicazioni, M2M – machine to machine: utilizzo del wireless e miglioramento degli ERPCRM e asset management) e le nuove tecnologie di gestione e razionalizzazione dell’energia e dei suoi costi.

Dato per assodato che questo è il futuro che ci aspetta, le implicazioni della quarta rivoluzione industriale saltano subito all’attenzione: che ne sarà del futuro dei lavoratori dei settori particolarmente investiti da questo cambiamento? Come potranno le nazioni far fronte ai cambiamenti socio-economici scaturiti da questa rivoluzione? E sopratutto, cosa succederà in Italia?

L’industria 4.0 al World Economic Forum del 2016

Il Forum Mondiale dell’Economia del 2016 ha avuto proprio l’Industria 4.0 come principale tema di discussione (gli altri tre sono stati la Cina, i mercati emergenti e la Brexit). Il dato estrapolato dall’incontro, che tutti abbiamo sentito riportato dalla stampa è che entro il 2020 5 milioni di posti di lavoro verranno persi a seguito delle automazioni e integrazioni dei settori industriali. Se ne parla nel rapporto The Future of Jobs, dove vengono eleborate le prime strategie di contrasto alle esternalità di questa rivoluzione, basate sull’investimento nelle competenze della forza lavoro, attraverso il costante aggiornamento (tra le numerose iniziative già in atto a riguardo, gli sforzi profusi per l’aumento dei laureati STEM – Scienza, Tecnologia, Economia, Matematica e uno tra tutti l’LLP – Lifelong Learning Programme dell’unione Europea. Le competenze e abilità stimate tra i primi posti nel 2020 saranno il problem solving (già al primo posto oggi) e di seguito competenze previsionali quali il pensiero critico e la creatività (comunque affini alle applicazioni nel problem solving).

L’industria 4.0 in l’Italia

Andiamo prima a vedere come si ripartiscono questi 5 milioni di posti di lavoro persi nel mondo. Sottolineiamo che questo dato è il risultato di un saldo negativo tra 2 milioni di posti di lavoro creati in ambito finanziario, di management, dell’informatica e ingegneria e i 7 milioni persi in ambito industriale principalmente nelle aree amministrative (4,8 milioni) e della produzione (1,6 milioni).

Ma questa rivoluzione toccherà soprattutto gli stati a forte componente manufatturiera, ad esempio Francia e Germania. Quello che già sta succedendo in Italia infatti porterà nel 2020, secondo le stime del documento The Future of Jobs, ad un sostanziale pareggio tra 200 mila posti di lavoro creati e persi tra vecchie e nuove competenze assorbite e rigettate dal sistema produttivo nazionale.

Il Ministero per lo sviluppo economico ha presentato a Settembre 2016 il piano per l’Industria 4.0 contenuto nell’ultima legge di stabilità del 6 dicembre 2016 (vedi l’articolo del Sole 24Ore) , dove tra le assegnazioni dei 26,7 miliardi di euro risultano i fondi per gli iperammortamenti al 140% e 250% per i beni tecnologici, su investimenti in nuove tecnologie, agrifood, bio-based economy, fondi per idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico, incrementi di detrazione fiscale fino al 30% per investimenti entro 1 milione nelle start-up e nelle Pmi innovative. E poi, diffusione della banda ultralarga, formazione tra scuole e università per incentivare il processo di conversione del tessuto produttivo ai fini dell’Industria 4.0. 

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